Al via la campagna “Tutti i costi del suolo perduto”

È iniziata una nuova campagna nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio che, basandosi sui dati ufficiali sul consumo di suolo registrati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) tra il 2006 e il 2022, ha riassunto in un agevole foglio di calcolo tutte le cifre utili per comprendere rapidamente le trasformazioni urbanistiche avvenute in ognuno dei Comuni italiani.

Il lavoro del Gruppo di studio riassume gli ettari di suolo naturale perduto negli ultimi sedici anni (cioè quanto cemento e asfalto hanno sostituito la “terra” naturale), la percentuale di superficie comunale impermeabilizzata (cioè l’avvenuta “antropizzazione”), il costo annuale in migliaia di euro derivante dalla perdita della risorsa suolo per ciascun Comune e il debito complessivo da ciascuno accumulato. Un debito ecosistemico e ambientale, ovviamente.

Ma anche economico-finanziario. E il “bilancio” è drammaticamente negativo.

Ora questi numeri impietosi dovranno essere illustrati a ciascun Sindaco e amministrazione comunale, per riflettere e cambiare. Il Forum Salviamo il Paesaggio invita ogni persona e ogni organizzazione a scrivere ai propri amministratori: ora tocca a voi… Come? Leggete qui.

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Casavatore è un Comune in provincia di Napoli in cui risiedono poco più di 18 mila persone su un territorio di circa 153 ettari. Il 91,43% di questa superficie è oggi impermeabilizzata: non più suolo ma cemento e asfalto.

Casavatore non è, però, l’unico caso eclatante che testimonia la voracità con cui la mano umana ha voluto sostituire la natura e assoggettarla ai propri voleri. Infatti, nella medesima provincia, anche Arzano (83,48% di suolo consumato), Melito di Napoli (81,30%), Cardito (73,72%), Torre Annunziata (72,06%), Frattaminore (71,93%) hanno ecceduto nella stessa bulimia edificatoria. Che non è solo una caratteristica del mezzogiorno, dato che coinvolge anche l’hinterland milanese e la Brianza, con punte apicali per Lissone (71,39%), Sesto San Giovanni (68,89%), Corsico (65,73%), Cusano Milanino (65,61%), Pero (64,94%), Baranzate (63,47%), Cologno Monzese (62,64%).

L’iper consumo di suolo non si limita, però, a queste due sole aree geografiche, sufficiente leggere i dati di Lallio (67,09%) e Orio al Serio (66,67%) – entrambi in provincia di Bergamo – di Torino (65,11%), Cattolica (61,78%), Riccione (51,69%), Pescara (51,55%), Gravina di Catania (50,83%), Padova (49,76%), Villabate (Palermo, 48,67%),

Forte dei Marmi (46,24%), Monfalcone (45,98%), Bari (43,22%), Spinea (Venezia, 43,22%), Udine (42,44%) e a seguire un infinito elenco.

Leggendo questi semplici dati, immaginiamo che molti saranno stati colti da stupore e anche preoccupazione. Eppure non si tratta di cifre appena elaborate e ancora non conosciute: sono precisi riscontri facilmente desumibili da anni, grazie ai puntuali monitoraggi di ISPRA. Dati, però, su cui minima è stata, finora, l’attenzione analitica da parte di amministratori, operatori dell’informazione e opinione pubblica: una situazione che ha spinto un apposito Gruppo di Lavoro del Forum Salviamo il Paesaggio a riprendere e sviluppare questa massa di informazioni per ciascun Comune attraverso un ricalcolo dei dati del consumo di suolo registrato annualmente dal 2016 al 2022, dando loro una forma e valori anche di tipo squisitamente economico-finanziario, secondo i parametri indicati dalla stessa ISPRA (che – è forse utile ricordarlo – è un Ente dello Stato che svolge istituzionalmente attività di consulenza e supporto tecnico-scientifico per il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare).

Non ci sono “manipolazioni” di alcun tipo: i dati ufficiali di ISPRA chiunque li può facilmente verificare qui: https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2023/10/consumo_suolo_estratto_dati_2023_anni_2006-2022.xlsx

Mentre la tabella con i dati di ognuno dei Comuni italiani elaborata dal Forum è a disposizione di chiunque voglia analizzarli e approfondirli IN QUESTO FILE.

NOTA BENE: il file excel, completo di tutti i dati e le annualità per ciascun Comune italiano lo potete scaricare dal sito, al fondo dell’articolo: LINK.

COSA SONO I COSTI ECOSISTEMICI

La perdita di suolo genera un “danno” non soltanto sotto il facilmente intuibile profilo ambientale, ma anche sotto quello economico-finanziario: un aspetto, purtroppo, poco valutato dalle nostre amministrazioni. Proviamo a spiegarlo: il suolo (“strumento” essenziale per contrastare il cambiamento climatico) fornisce molteplici preziosi servizi ecosistemici, in particolare: stoccaggio e sequestro di carbonio, qualità degli habitat, produzione agricola, produzione di legname, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, disponibilità di acqua, purificazione dell’acqua.

Per essere più espliciti:

  •  ogni ettaro di suolo libero assorbe circa 90 tonnellate di carbonio;
  • ogni ettaro di suolo libero è in grado di drenare 3.750.000 litri d’acqua;
  • ogni ettaro di suolo libero, coltivato, può sfamare 6 persone per un anno.

Nel corso degli anni, ISPRA è riuscita a stimare un costo annuale per ettaro derivante dalla perdita dei servizi ecosistemici, composto da due valori:

  • valore del flusso di servizio che il suolo non sarà più in grado di assicurare;
  • valore dello stock di risorsa perduta.

Il costo è stato quantificato complessivamente tra 79.000 e 97.000 euro l’anno per ciascun ettaro di terreno libero che viene impermeabilizzato.
Per facilitare i calcoli, il Forum Salviamo il Paesaggio ha adottato il valore medio (e “prudente”) di 88.000,00 euro per ciascun ettaro di suolo consumato/impermeabilizzato, che sarebbe opportuno inserire come costo nei bilanci sociali/bilanci di sostenibilità/bilanci ambientali annuali dei nostri Comuni, a partire dall’annualità in cui il consumo di suolo viene accertato.

LA METODOLOGIA DI CALCOLO DEI COSTI

Ancora un dato importante: se un Comune consuma un ettaro di suolo libero quest’anno,

il costo ecosistemico sopra descritto si traduce in un costo “monetario” (cioè un “esborso”) che incide su quest’anno ma anche su quello successivo e su quello ancora successivo e così via. Forma, cioè, un debito che si accumula e si aggiunge al nuovo consumo di suolo di ciascun anno a venire.

Tutto chiaro? Forse non troppo… allora aggiungiamo ancora un elemento: il costo patito non è soltanto dato (e sarebbe già parecchio…) dalla somma dei costi totali registrati annualmente dal 2006 al 2022, ma il costo totale registrato fino all’anno precedente sommato al costo effettivo dell’anno in esame. Il totale forma il “debito” complessivo: un totale spaventoso.
E allora… spaventiamoci! Forse così tutte e tutti avremo chiaro cosa significa sacrificare anche solo un grammo o metro quadrato di suolo per una nuova edificazione, una nuova strada ecc. ecc.

Qualcuno potrà pensare che l’attribuzione di un costo e un debito complessivo al consumo di suolo sia da considerarsi come un puro “esercizio di stile“, certamente utile dal punto di vista analitico ma poco concreto poiché, in realtà, le amministrazioni pubbliche non devono effettuare un vero esborso di cassa (che altrimenti avrebbe già messo in default tutti i Comuni!).

È vero: non c’è uscita di cassa, non c’è pagamento nè saldo “fisico”. Ma il costo e il debito ci sono, eccome. Basti pensare a quanti miliardi di euro sono stati necessari soltanto per tamponare i danni causati dai più recenti eventi estremi che hanno colpito l’Italia: negli ultimi 14 anni (fonte IlSole24Oresi sono registrati 684 allagamenti, 86 frane, 166 esondazioni fluviali che sono costati nel periodo 2013/2023 oltre 13,8 miliardi di euro in fondi per la gestione delle sole

emergenze meteo-climatiche (dati Protezione civile). Aggiungiamo i dati sui danni causati dalla siccità e su tutto ciò che il riscaldamento globale causerà nei prossimi anni e decenni ed ecco ritrovati i nostri costi ecosistemici derivanti dalla perdita di suolo libero!

Ricordandoci anche che il rischio idrogeologico oggi pende come una spada affilata su 1,3 milioni di persone che vivono in aree definite a elevato rischio di frane e smottamenti e che più di 6,8 milioni di persone sono a rischio medio o alto di alluvione (dati Ispra).

AGGIUNGIAMO ANCORA QUALCHE SPUNTO

1. Negli ultimi anni il consumo di suolo nel nostro intero Paese è diminuito, passando da un ritmo di 8 metri quadrati al secondo a 2,4 metri quadrati al secondo. Questa riduzione non rappresenta, però, una linea discendente costante, tanto che dal 2019 è tornato a crescere. Le crisi internazionali e di mercato non sono dunque sufficienti ad arrestare la perdita di suolo libero e praticamente tutti i Piani Regolatori comunali continuano a prevedere nuove possibili espansioni edilizie. Senza contare la “normalità” delle continue Varianti adottate su richiesta di privati investitori.

2. Il 29,7% delle abitazioni oggi esistenti in Italia (oltre 10 milioni su un totale di circa 36 milioni, secondo le fonti ISTAT 2019) risultano non occupate. L’articolo 42 della nostra Costituzione ci ricorda che lo Stato riconosce e tutela la proprietà privata ma soltanto entro ben determinati limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale. Qual è la funzione sociale di un’abitazione non abitata?

3. I dati demografici indicano la decrescita della popolazione italiana, per la prima volta scesa sotto i 59 milioni di residenti (Censimento ISTAT 2022).

4. Il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ci ricorda che il nostro Paese è in grado, oggi, di produrre appena l’80-85% del proprio fabbisogno primario alimentare, contro il 92% del 1991. Significa che se, improvvisamente, non avessimo più la possibilità di importare cibo dall’estero, ben 20 italiani su 100 rimarrebbero a digiuno e che quindi, a causa della perdita di suoli fertili (dalla Pianura Padana all’agro romano o campano), il nostro Paese oggi non è in grado di garantire ai propri cittadini la sovranità alimentare. Il deficit riguarda in particolare frumento tenero (meno 64%) e frumento duro (meno 40%) destinato alla produzione di pasta, mais (meno 47%), latte (meno 25%), carne (meno 45%), secondo i dati Ismea.

Ora questi dati sono a disposizione di ogni cittadina/o: studiateli a fondo, compilate il box che compare in questa “Lettera per il mio Sindaco” (QUI versione classica, QUI versione per i Comuni che andranno alle urne) e inviatela ai vostri amministratori e ai media locali: ragionando su cifre accertate

Forse sarà più semplice decidere che il suolo che ci resta è il futuro della nostra comunità!…

Che si apra ora un dibattito. Costruttivo, questo sì…

Per ulteriori delucidazioni e approfondimenti: 
Massimo Mortarino,  Coordinamento nazionale del Forum SALVIAMO IL PAESAGGIO
Tel. 339/7953173 – E-mail: mmortarino@libero.it